Quando le donne si raccontano…

Avete presente quelle sensazioni improvvise che ti prendono allo stomaco e sai, anche se non conosci il perché, che vanno seguite.

E’ stato proprio cosi anche quello del sabato scorso a Parma, che ha visto l’associazione albanese “Scanderbeg” dare vita ad una idea durata 2 anni in meno di 48 ore.

“Le donne albanesi si raccontano”

Una saletta piena di anime, uomini,- tanti,- e giovani ed adulte donne. Con la presenza della testata giornalistica di riferimento per gli albanesi in Italia e per gli italiani che vogliono conoscere l’Albania, Albanian News, nella veste di Sonila Alushi. Grintosa, determinata, preparata giovane donna albanese, residente a Bergamo, mamma di due splendidi figli, nonché una attivista per l’integrazione e le pari opportunità.

Donne e ragazze riunite in cerchio, che tra le rime, hanno raccontato le loro esperienze dal viaggio verso Lamerica alla vita condotta in Italia, tra diffidenze, paure, domande inopportune e tante occasioni perse perché straniere. E poi le conquiste, le amicizie, gli amori, la passione per la Terra che le ha adottate. Rime di profondi e contrastanti sentimenti che hanno commosso i presenti, di gran numero italiani, che si approcciavano alla conoscenze della donna albanese.

Un confronto di opinioni e di esperienze che si è presentato come una finestra alla conoscenza di un mondo che condividono tutte le donne ma in culture diverse. Perché, integrazione, non significa solo non lasciare le persone morire sui barconi od offrirli un piatto di pasta. Integrazione significa conoscenza, e questa va alimentata con la curiosità, con la volontà e le possibilità di apprendere la cultura dell’altro.

Il dibattito si è spostato anche sulle differenze tra le donne albanesi e quelle italiane. Si sono trovate delle pecche, come l’idea di una donna casalinga e dedita solo ai figli, ma anche delle conquiste, che però le sono da sempre riconosciute, come essere delle donne tenaci, determinate e combattive.

Su questo filo del confronto ha seguito anche l’inno alla neo dottoressa Biancalaura Perlini, innamorata della cultura dell’Aquila bicipite al punto di onorarla con la sua tesi in specialistica riguardo al matrimonio albanese. Un analisi che ha visto attraversare la storia dell’istituto del matrimonio albanese a partire dall’antico codice Kanun ai giorni d’oggi. Una tesi di altissimo valore, premiata dalla commissione universitaria con il massimo dei voti. Sull’analisi si trova il nome di Biancalaura Perlini, ma gli organizzatori e gli amici albanesi sembrano provare, forse, più emozioni della stessa neo dottoressa per il riconoscimento, la ricerca ed il lavoro svolto nel diffondere la cultura albanese.

“Nel conoscere la vostra cultura,- ha spiegato Perlini,- ho imparato ad amare di più la mia. Non perché sia migliore ma perché voi avete l’ideale della vostra ed è qualcosa che colpisce ed insegna a come amare la propria. Le donne albanesi, – ha continuato,- sono notoriamente riconosciute come tenaci, forti, autoritarie in Albania. E cosi lo è davvero. Siete un popolo aperto, ospitale, caloroso ma nel contempo diffidente. Ed è stato proprio questo tratto “negativo” che mi ha portato a voler capirne di più”

Già, forti e tenaci come Sonila Alushi, che non si è di certo fermata all’opinione comune della donna albanese in quanto casalinga, che si è sempre fatta rispettare per le sue idee ed il suo lavoro. Che anni dietro, non ha risparmiato le parole neanche al “Papi” Berlusconi quando, nelle sue uscite ufficiali da Presidente del Consiglio vestiva i panni del comico ed ha ridicolizzato, offeso e sottovalutato la donna dell’Aquila. Allora, Alushi difense l’onore, la rispettabilità, l’integrazione della donna l’abanese davanti alle telecamere di “Servizo Pubblico” in onda sulla Rai, oggi invece sarà la rappresentante d’eccellenza di una storia tra delusioni e conquiste di una immigrata albanese per un nuovo documentario che andrà in onda presto su Rai Tre.

Una commossa Sonila Alushi, ringrazia l’associazione albanese “Scanderbeg” per l’iniziativa di far conoscere il valore della donna albanese e ringrazia tutti gli italiani presenti che hanno affollato la sala dell’evento. “Perché, – dice,- dobbiamo esseri fieri – non orgogliosi – della nostra storia. Di ciò che le nostre madri ci hanno insegnato e dobbiamo aprire le porte a finché ci conoscano”

Una serata di emozioni, si direbbe tipiche delle donne, ma che ha visto protagonisti attivi di domande, di spunti su cui ragionare con i partecipanti, gli stessi uomini. Una risposta all’opinione comune fondata sulla non conoscenza. Idee formate sul piano estetico e risicate per la diffidenza dello straniero.

Un passo verso l’amalgamarsi della cultura italiana e quella albanese.

Amalgamarsi, appunto, perché per quanto vicini i due Paesi, per quanto la storia li abbia trovato parte attiva nel contempo, per quanto gli albanesi amino l’Italia, l’Albania è una cultura diversa. Non deve fondersi con quella italiana, non deve assomigliare, non deve nascondersi dietro il bisogno di essere accettati. La donna albanese, come quella nigeriana, peruviana, come tutte le donne di questo mondo,è frutto della sua cultura, di sua madre, delle sue usanze. Spesso incomprensibili per l’opinione italiana e difficilmente promosse. Ma, tutto dipende dalla conoscenza che si ha della cultura altrui. Tutto dipende da quanta curiosità, volontà e possibilità riusciranno le donne di oggi a trasferire ai propri figli perché altre donne domani non si trovino a dover far scoprire la loro cultura a piccoli passi. Perché non si nascondano. Perché vengano amate e sopratutto rispettate in egual modo.

***

La serata è continuata con una visibilmente emozionata dott.ssa Perlini, che si è vista premiata con un certificato di riconoscimento al valore della sua opera anche dall’Associazione nazionale albanese “çameria”, per il suo contributo al diffondere della cultura albanese, non solo grazie alla tesi, ma anche al suo video documento che racconta il dolore del popolo çamuriota.http://www.albanianews.it/cultura/storia/1228-cameria

Piccoli passi di diritti.

Sono sempre molto aggiornata sul tema immigrazione e quella dell’integrazione. Ammetto però, che mi è sfuggita una notizia importantissima che va a favore di una società integrata, che riconosce diritti e doveri ai suoi cittadini che investono le loro vite, le loro capacità e passioni in questo Stivale meraviglioso. Piccoli passi alla conquista di un diritto, quello della cittadinanza, per chi da sempre è italiano. Dalla nascita, alla sua lingua, alla sua istruzione e dedizione per la Patria.

L’ho appresa leggendo Marco Pacciotti, Coordinatore del Forum Immigrazione PD. Con una nota sulla sua pagina facebook ha portato all’attenzione mia e dei suoi amici virtuali una notizia – come tutte quelle belle – passata in sordina.

Buona lettura.

L’inte(g)razione avviene anche attraverso lo sport. …  di Marco Pacciotti

Poche righe su alcuni quotidiani sportivi e ancor meno sugli altri. Questa l’attenzione dei media all’approvazione da parte della Camera del cosiddetto Ius Soli sportivo. Lo registro con lo stesso dispiacere con il quale noto invece il risalto dato alle parole indecenti di Salvini sull’accoglienza da negare a chi fugge dalla morte e al vergognoso diniego da parte di Maroni e Zaia ad accettare nelle loro regioni quote di richiedenti asilo, cosa che invece ha visto tutte le altre regioni solidali e disponibili a collaborare. Evidente che per la Lega si tratta di un cinico calcolo elettoralistico giocato sulla pelle di donne, uomini e bambini per un pugno di voti in più. Di solito ho un approccio razionale e che evita per quanto possibile di ricorrere alle categorie della morale per contrastare gli avversari politici, ma stavolta non esito a definire immorale questo atteggiamento.

Detto questo,  la bella notizia di ieri (14 aprile 2015) invece va secondo me fatta conoscere, negli effetti e nella storia che la determina perchè è un bell’esempio di impegno e coerenza che migliorera la qualità della vita di tante ragazzi e delle lor famiglie e che rende il nostro paese più civile e moderno, con buona pace di Lega e dei fascistoidi di varia provenienza con i quali si stanno inquadrando in tutta Italia nel tentativo di imitare la Le Pen.

La prima volta che mi trovai a discutere dello Ius Soli sportivo fu diversi anni fa in un dibattito promosso dai GD al loro campeggio nazionale estivo. Al dibattito partecipava anche Filippo Fossati allora presidente nazionale UISP, già da tempo tenacemente impegnato in questa battaglia di civiltà. Come Forum immigrazione del PD aderimmo subito.

A pochi anni di distanza Fossati è diventato deputato del PD e ha portato a compimento quella battaglia. Una coerenza importante simbolicamente, ma anche per gli effetti importanti nella vita di tanti ragazzi che fino a ieri si sentivano, anche nell sport, figli di un dio minore. Potevano giocare ma poi non partecipare, perchè per molte federazioni sportive i ragazzi stranieri nati o cresciuti in Italia non erano tesserabili e quindi non potevano partecipare ai campionati come i loro amici. Una regola anacronistica e ingiusta che già in tenera età e in un contesto importante nella crescita di un ragazzo come lo sport, poneva subito l’ennesimo elemento di discriminazione e di separazione dagli altri.

Essere intervenuti per sanare questa ferita non è certo risolutivo di tutte le questioni aperte – e sono molte – che ancora ribadiscono questa “diversità” in negativo. Il voto di ieri però rappresenta un atto concreto e spero un acceleratore per altri provvedimenti decisivi nella costruzione di un paese  in cui le diversità e le culture siano messe nelle condizioni di essere valorizzate e di esprimersi concorrendo al benessere di tutta la comunità. Possiam affermare che coesione e modernità siano stati i concetti che hanno ispirato il legislatore in questo caso. Si apre così un canale di interazione formidabile per i ragazzi e le loro famiglie, una occasione in più di condivisione all’interno di un contesto di socialità importante come è lo sport, con il suo valore educativo e formativo oltre che ludico

Da ieri centinaia di migliaia di bambini e le loro famiglie si sentiranno un pò meno stranieri e un pò più parte di un tutto. Da ieri anche il nostro Paese nel suo insieme è pò più forte, perchè estendere un diritto non tutela solo chi ne beneficia ma tutta la comunità in cui esso è inserito. Ne rafforza il processo reciproco di identificazione e le ragioni di partecipazione. Ieri credo che si sia fatto un passo in avanti in questa direzione, una cosa non banale quindi ma quasi ignorata questo l’unico cruccio a cui porre rimedio facendo conoscere questa cosa e discutendone. Credo che rimarremo sospresi nello scoprire quante persone anche di altro orientamento trovino naturale quanto fatto o si sorprendano che non sia già così.

C’è ancora molto da fare, ma evitiamo di considerare questa legge come simbolica. Essa avrà invece degli effetti importanti nella quotidianità di tanti e soprattutto sarà di stimolo ad accellerare l’iter legislativo sulla cittadinanza vera e propria per i bambini nati o cresciuti in Italia. Un provvedimento che oltre il 70% degli italiani approvano in modo trasversale, segno che ancora una volta la società è avanti rispetto ai tatticismi di una certa politica.

Mi sembra proprio che i tempi siano maturi per sincronizzare l’orologio del Parlamento con quello del Paese e dare un’altra bella prova di politica, coraggiosa e lungimirante come quella data ieri.

Le vongole di Salvini ed i suoi fratelli profughi.

Non occorre essere conoscitori impeccabili dei politici italiani per essere a conoscenza delle idee di Matteo Salvini, il Segretario del partito Lega Nord. Chiunque abbia semplicemente giocato con il telecomando della propria televisione, tra un canale ed altro, si sarà obbligatoriamente imbattuto con l’immagine di Salvini ed avrà sentito ciò che lui, da oramai due anni, predica durante le sue presenze.

Bene, non ultima, ma sicuramente degna della nostalgica trasmissione “La sai l’ultima?”, è la sua contrarietà per la decisione della Commissione dell’Unione Europea riguardante il limite di misura per una vongola perché possa essere pescata.

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Secondo l’UE infatti, una vongola non potrà essere pescata se misura meno di 2,5 centimetri. La decisione viene spiegata perché, raggiunta tale misura massima il mollusco si può definire adulto e già riprodotto. Pescandolo più giovane invece, significherebbe alzare il rischio di vederne sempre meno nei nostri mari. Questo è chiaramente un limite che vedrà impegnarsi i pescatori italiani ad una attentissima vigilanza sul pescato. In caso di disattesa della norma, la Commissione ha previsto delle pene penali e pecuniarie fino a 4 mila euro.

Va detto però, che il limite di misura imposto dall’UE è largamente restrittivo sicché le vongole raggiungono la riproduzione già a misura di 2 centimetri. Altri Paesi, come la Turchia, non facenti parte della Unione Europea, ma che godono degli accordi di libero scambio, portano al nostro mercato molluschi anche di 1.7 cm. Questa norma era collocata nel sistema normativo italiano già negli anni ’60 ed è stata ripresa con lungimiranza dall’Unione Europea. Italia aveva anche previsto una tolleranza del 10% sulla pezzatura (classificazione secondo misure stabilite) della vongola. Cosi, questa ricchezza poteva essere pescata anche di soli 2.3 centimetri.

”La goccia che ha fatto traboccare il vaso, – spiega la Federcooppesca, – è il Regolamento comunitario dei controlli che ha intensificato l’azione delle forze dell’ordine creando cosi problemi alle imprese che devono pagare costi salati anche a fronte di quantitativi minimi di pescato sotto taglia del tutto accidentali” (fonte Ansa). Cosi, Salvini e Lega Nord hanno fatto loro la battaglia di migliaia di pescatori.

Alla luce di tutto questo trambusto – legittimo – vien da domandare al segretario della Lega Nord, dove si trovava prima che questa norma ITALIANA venisse ripresa dall’Unione Europea? Sono oramai cinquant’anni che i pescatori dei nostri mari ne erano a conoscenza. E da quanto si evince dalle dichiarazioni fatte all’agenzia Ansa da parte della Federcooppesca, il timore dei pescatori è concentrato più sui controlli previsti dalla norma europea che sulla salvaguardia della nostra acquacoltura.

Pare chiaro che, per coerenza con la sostenibilità della natura e la valorizzazione dei prodotti offerti ai cittadini, la battaglia andrebbe semmai svolta verso altri obiettivi ossia, quello di incentivare il consumo dei prodotti europei garantiti nella qualità grazie ai serrati controlli e senza rischi per le generazioni future di trovarsi con mari svuotati da questi molluschi.

Ma non saremo neanche a parlare di Salvini se le sue battaglie offrissero prospettive di lungo periodo di crescita e di garanzie.

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Il Segretario infatti, è noto ai più, per essere un bravissimo scavalcatone. Le onde che riesce a prendere sono minacciose, discontinue, inaffrontabili con una semplice tavola da surf ma, lui riesce a farsi sostenere da migliaia e migliaia di persone stesi a schiena in giù al mare, concedendo a Salvini di stuzzicare le loro pance. Lui parla anche di sicurezza, di immigrazione e di NON integrazione. Riesce con naturalezza inserire in quest’ordine e nella stessa frase, tre fenomeni diversi tra di loro e che se sviluppati nel modo corretto nessuno dipenderebbe dall’altro. Lui sfugge alle sue responsabilità e grida al ladro alla solo vista del colore della pelle, della provenienza non comunitaria, – eccezion fatta per i romeni ed i rom,- e chiede con forza la definizione dei confini nazionali.

Dimentica, – probabilmente dovuta ad una malattia rara, perché l’età giovanissima non può giustificare tale mancanza,- che i confini in Europa esistono e sono difesi da tutti gli stati membri dell’UE. Lui scavalca (vedi sù) l’onda del terrorismo, quello della massa dei profughi che scappano dalle loro terre per salvaguardare la vita propria e dei figli. Urla allo scandalo dei 30 euro per ogni rifugiato, –meno adesso che la mafia capitale ha messo inevidenza i veri criminali.– Accusa i migliaia di mussulmani in Italia di essere molto probabilmente degli sgozzatori e mette nella stessa casseruola di brodo lercio, i milioni di immigrati che producono ricchezza allo stato italiano per ben 11% di PIL, con quella minima e fisiologica parte di criminali.

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Li andrebbe forse ricordato che la baby pensionata, Lady Bossi, non potrebbe vedersi stanziata la pensione senza il contributo degli immigrati. Li andrebbe anche ricordato che, Trotta e fratello, con il loro QI e/o preparazione professionale, non sarebbero andati da nessuna parte se non fosse stato per 4 milioni di cui vengono processati per appropriazione indebita ai danni dallo Stato.

Beh, Stato signor Salvini sono anche gli immigrati che contribuiscono giornalmente a mantenerlo sano.

E’ forse, necessario ricordarli Belsito od il suo amato Umberto insieme alla ristrutturazione della casa a spese dei contribuenti?

E per rimanere in tema immigrazione, e soprattutto quella degli ultimi anni, bisognerebbe battere i pugni di memoria di come quei Stati, da dove fuggono terrorizzati i profughi, siano stati colpiti, armati, distrutti politicamente ed alimentati di odio proprio dalle politiche degli stati occidentali in espansione ed insaziabili di ricchezza. Oppure, l’autodefinito “difensore delle radici cristiane europee” crede davvero che le colonizzazioni da noi fatte non abbiamo lasciato segni in quei luoghi? Realmente lei ritiene di pulirsi la coscienza –  come la sua adorata Le Pen, (dichiarazione di ieri a “Dì martedì”, LA7), dicendo ,ebbene, i tunisini ed amici hanno combattuto per la libertà contro le occupazioni, adesso se la tenessero fuori dai cog..ni ops, confini?

E c’è una cosa su tutte che non riesco a spiegarmi: Come fa a chiamare fratelli i profughi che scappano, appunto da situazioni dramatiche, e nel contempo urlare con forza e pretenziosità al terrorismo proveniente da quei posti? Mette nella stessa frase amore e odio. Prima fa il buono, -come se una luce la avesse illuminata,- e subito dopo carica gli animi degli italiani di odio e disprezzo. Facendo passare dei sopravvissuti, nullatenenti, disperati, cristiani e mussulmani come degli invasori feroci. Come soggetti dotati di machiavelliche menti che per conquistare e sottomettere l’Europa, hanno persino bruciato le loro terre, attraversato mari per settimane, rischiato di vedere morire i propri figli, e tutto questo, collaborando con lo stesso occidente che li ha forniti i viveri della guerra.

Al partito ed ai tifosi di Lega Nord, sono serviti più di trent’anni per riconoscere uno delle fondamentali voci della Costituzione Italiana:

L’Italia è unica ed indivisibile. Altre tanto ci hanno messo per  accorgersi che l’attuale norma europea, sul limite massimo della pezzatura delle vongole, faceva parte del sistema normativo italiano da più di cinquant’anni e da lì ha preso ispirazione.

Sono dovuti passare per vilipendi, napoletani puzzolenti, il sud criminale, la Roma ladrona, terroni feci, e ultima Vaffa.. alla Corte Costituzionale.

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Siamo certi che sia questo modo di comunicare, terrorizzare, offendere, rubare quel che si chiama, al servizio dello Stato?

Charlie Hebdo. “Islam si dissoci”! Da cosa? … e quel silenzio che non aiuta…

Da più esponenti politici ed anche di primo piano del mondo cattolico viene chiesto alla comunità mussulmana di dissociarsi dai terribili fatti accaduti il 7 gennaio scorso a Parigi. Nel cuore dell’Europa democratica e libera hanno perso la vita dodici innocenti, dodici cari che muoiono massacrati per mano di criminali, infedeli che giustificano le loro azioni in nome di un Dio che appartiene a milioni di altri che con questi fatti non hanno nulla a che fare.

Dissociarsi significa aver prima fatto parte di un gruppo, di un credo, aver condiviso gli ideali e gli obiettivi. Dissociarsi vuol dire non voler più fare parte di quel gruppo, di quel credo, di non condividere più gli ideali e gli obiettivi.

Mi chiedo allora:  Perché invece di chiedere alla comunità mussulmana di dissociarsi non le viene offerta la solidarietà per come quei terroristi hanno tentato di rappresentarla usando il nome di Allah? Siamo sicuri che le vittime durante quei attentati siano solo i dodici cittadini innocenti francesi? Siamo certi che quella violenza non abbia ferito anche l’intera comunità mussulmana che ogni giorno convive in collaborazione e condivisione dei principi di civiltà, libertà e democrazia?

Vedo una scena surreale: I credenti mussulmani che si sistemano alla finestra osservando il campo da calcio dove altri hanno dato vita ad una competizione tra fedi e mettono in discussione la  civiltà. Una partita giocata da chi crede che la sua fede sia moderata e giusta contro gli ultras dell’altra fede.Estremisti in rappresentanza di un credo che appartiene ad altri milioni in giro per il mondo ma che rimangono in attesa che l’arbitro –  il pubblico – comprenda che non è una partita alla pari. Che non si possono mettere in concorrenza di lealtà, di principio di libertà, civiltà e pace due fedi che insieme ripudiano la violenza e predicano in egual misura il rispetto per il prossimo. Ma, ciò che più stupisce è che a rappresentare sul campo da gioco la fede mussulmana sono stati chiamati dai cosi autoproclamati “difensori dell’Europa cristiana” gli estremisti, i terroristi, gli infedeli che usano il nome di Allah ma che non rispecchiano in alcun modo i fedeli dell’Islam.

Chiedo alla comunità islamica moderata, – dichiara Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana – di dissociarsi da quei atti del 7 gennaio scorso”

“L’islam non è una religione come tutte le altre.” – rafforza il pensiero l’illuminato Salvini, presidente del partito Lega Nord – “Nei pianerottoli di casa nostra cè sempre un mussulmano pronto a sgozzarci” – conclude terrorizzando i cittadini ed accusando di crimini inenarrabili l’intera comunità mussulmana sostenuto dal silenzio di quest’ultima.

E’ ovvio però, che in tempi di una comunicazione spicciola, fatta di frasi d’effetto e senza proposte costruttive e risolutive, se la comunità mussulmana rimane in silenzio lasciando che venga fatto il confronto estremisti (islam) ed Europa  è inutile che dopo si stupisca se la accusano di giocare sporco. Aggrappata, forse, alla speranza che il pubblico – europeo/italiano – impari a conoscere il suo credo, questa comunità non si sta facendo un favore e non lo sta facendo neanche all’Europa.

L’Islam è molto lontano dalla cultura europea, è lontano per storia e geografia. E’ un mondo che richiede impegno, approfondimento e comprensione. Non è il contrario di ciò che l’Europa è ma è sconosciuto e spesso mal interpretato. Perciò, occorrerebbe che chi pratica la fede e chi si è dedicato ad andare oltre le frasi fatte si avvicini al popolo ed esprima la posizione dei mussulmani.

Chi conosce il Corano sa bene che la religione mussulmana è basata sul principio della pace. Che il ripudio della violenza è uno dei suoi punti cardine. Eppure, in troppi hanno colto con “entusiasmo” i fatti del 7 gennaio scorso e si sono lanciati alla caccia al voto scagliando appelli ed accuse, più o meno velate, dando cosi un’immagine dei fedeli della religione mussulmana come prossimi sgozzini.

La comunità mussulmana dovrebbe smetterla di stare in silenzio, di voler lasciar il tempo a dare le risposte. Dovrebbe attivarsi per farsi conoscere ed aprire le porte al mondo. Le televisioni, i giornali e socialnetworks sono zeppi di personaggi che la giudicano, la accusano ed invitano altri a prendere le distanze da loro. Ritenere di non dover immischiarsi con questo modo di comunicazione non la renderà più amata agli occhi di Dio, non la renderà superiore agli estremisti politici che nella passività comunicativa dei mussulmani vedono l’assenso delle loro accuse.

Ma voi no, voi…

Vi cucite le bocche e lasciate che altri vi lancino accuse di terrorismo e di alimentare odio dietro a dei richiami che non servono ad altro se non a dare un’immagine di voi come dei criminali. Come se, il difendere il proprio credo sia di per sé un crimine. Come se, pretendere il rispetto per la vostra anima religiosa macchi le vostre mani del sangue degli innocenti di Parigi.

Avete già espresso il vostro dolore per le famiglie delle vittime. Avete dato la vostra solidarietà totale alla Francia ed ai suoi cittadini cresciuti nel senso della libertà di espressione e di democrazia. Non temete allora di ricordare al mondo le parole di qualcuno che conosce molto meglio e ne ha apprezzato l’opera, Marthin Luther King.

“La mia libertà finisce là dove prende inizio la vostra”.

Ognuno è libero di esprimere il proprio pensiero in modo civile e di ricevere pensieri contrastanti al suo in egual modo. Il 7 gennaio è stato progettato da dei infedeli, criminali, organizzazioni terroristiche che nulla hanno a che fare con il credo. Hanno portato via dalle famiglie ed i loro cari dodici innocenti che avevano il diritto di esprimere il loro pensiero, di fare caricature ed ironizzare su tutto ciò potessero. Ciò non toglie, che quelle vignette erano offensive per voi e per il vostro credo, come lo sono stati per i cattolici ed il papà le precedenti. Non dovreste intimidirvi a sostenere le vostre posizioni. Dovreste invece, spiegare al mondo che nei secoli i mussulmani non hanno mai dato una immagine ad Allah e Muhammad (Maometto) perché lo ritengono offensivo paragonarli e rappresentarli da uomini. E quando vengono raffigurati in una caricatura per voi raggiunge la blasfemia.  Insegnate al mondo che il terrorismo non ha fede. Che la vita d’altri non si può negare. Che la violenza non ammessa nella vostra religione e che l’uomo è subdolo, è operatore del suo male e delle sue paure. E che voi nonostante non condivideste quelle pagine condannate ogni crimine.Perché di questo si tratta.

Di criminali che interpretano il vostro credo e usano il nome del vostro Dio per azioni ripudiati dalla vostra fede.

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